Kobe Bryant era soprannominato Black Mamba perché in campo le sue giocate erano letali per gli avversari, proprio come il morso del più pericoloso dei serpenti. In carriera ha vinto tutto: 5 titoli di campione NBA con i Los Angeles Lakers, 2 medaglie d’oro olimpiche con la nazionale di basket U.S.A., ha partecipato 18 volte all’All Star Game, ha vinto 1 volta il titolo di MVP della stagione, ha segnato 81 punti in una singola partita (seconda miglior prestazione della storia, è il quarto miglior marcatore della storia NBA, superato da LeBron James proprio la notte prima della sua morte).
Kobe è diventato una leggenda non solo per gli infiniti successi sul campo ma anche perché è stato, è e sarà sempre fonte d’ispirazione per tutti gli atleti. È il simbolo di una generazione, di quella del basket globale e dei social network, dove è sufficiente pronunciare il suo nome per capire la portata della sua grandezza. La sua Mamba Mentality ha cambiato il modo di approcciare lo sport: la voglia ossessiva di migliorarsi, di lavorare sempre a correggere i propri difetti, di studiare il gioco, di puntare sempre più in alto per vincere tutto quello che si può vincere.
Proprio per questo aveva fondato la Mamba Sports Academy, una scuola per i giovani e le giovani cestiste più talentuosi d’America, uno luogo per studiare e giocare a basket, frequentato da sua figlia Gianna anche lei tragicamente scomparsa nell’incidente, ma che siamo sicuri sarà fonte d’ispirazione per le sue giovani compagne e non solo.
La sua lettera d’addio al basket “Dear Basketball” è una vera e propria dichiarazione d’amore con il cuore in mano, così bella da diventare un cortometraggio premiato con l’Oscar nel 2018: Kobe nutriva un amore così infinito e profondo per questo sport da dedicargli tutta la sua vita.
La sua carriera cestistica era iniziata in Italia, dove ha vissuto dai 6 ai 13 anni, seguendo papà Joe in tutte le città in cui ha giocato: Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. Qui ha imparato la nostra lingua, la nostra cultura, i nostri usi e costumi, non a caso è diventato un grandissimo tifoso del Milan.
È stato uno dei pochi giocatori che ha fatto il grande salto dalla high school all’NBA senza passare dal college, è stato scelto al draft del 1996 dagli Charlotte Hornets che l’hanno subito girato ai Los Angeles Lakers.
La casacca giallo-viola è stata la sua seconda pelle per 20 stagioni, fino al 13 aprile del 2016 quando proprio allo Staples Center di Los Angeles ha chiuso la sua carriera segnando 60 punti nella vittoria dei suoi Lakers contro gli Utah Jazz. Le sue canotte, la numero 8, indossata nei primi anni di carriera, e la numero 24 non saranno mai più indossate da nessun Lakers.
Kobe è stato innovativo in ogni aspetto del gioco, scarpe comprese: il suo storico sponsor Nike negli ultimi 12 anni ha creato grazie alle sue preziose indicazioni le sue signature shoes, dei veri e propri gioielli di stile e tecnologia, che si adattano perfettamente al suo stile di gioco e sono versatili per poter essere indossate da tutti i giocatori.
A nome di tutto il Maxi Team Basket va il nostro saluto a Kobe oltre ad un grazie dal profondo del cuore per averci trasmesso la sua più grande passione per il basket che continueremo a condividere con tutti i cestisti e tutti gli appassionati.
“Heroes come and go, but legends are forever”